Il 2019 è stato un anno molto lungo per Partito Pirata. Abbiamo faticato non poco a rimettere il partito in uno stato di efficienza ed operatività. Quelle idee chiare e definite, fondate politicamente e sentite umanamente che abbiamo visto durante le elezioni europee grazie al supporto di molti candidati indipendenti, hanno trovato spazio nelle prassi del partito e nella sua nuova forma.
Rifondare un partito su nuove basi e nuove idee, ripulendo le incrostazioni ideologiche che avevano destinato questo partito all’oblio e alla sua separazione dalla propria famiglia europea, è stato difficile.
Abbiamo sentito l’importanza di restare nel più completo rispetto delle regole e delle procedure per non snaturare lo spirito di un partito in cui la democrazia interna, diretta e senza mediazioni, è la stella polare.
Non nascondiamo che è stato un periodo lungo e difficile in cui è stata messa a dura prova la coesione e l’esistenza stessa del partito, ma l’enorme generosità di tutti quelli che hanno dato il loro apporto ci rassicura sul nostro futuro.
Siamo un gruppo piccolo di persone incredibilmente differenti le une dagli altri che provengono da storie politiche e umane disparate, che sentono e vogliono in modo totalmente differente, che probabilmente non avrebbero mai considerato di essere in un partito finché non ne hanno trovato uno come nessun altro: un Partito Pirata.
Abbiamo imparato, un giorno dopo l’altro, un passo dopo l’altro, di gioia in gioia, di delusione in delusione, a stringerci assieme, a camminare assieme e, anche, a sbagliare assieme con la certezza che solo l’errore è fonte di consapevolezza e di conoscenza.
Conoscenza, ecco. Non è l’obiettivo di tutti. È il nostro.
L’obiettivo di molti, partiti, ma anche istituzioni e altre organizzazioni politiche, è vincere: far prevaricare la propria idea, il proprio credo, la propria agenda, vincere su tutti. Vincere sempre. Sono tutti figli della frana di un secolo breve e orrido, che ha generato totalitarismi mortali e ha disseminato in profondità questi germi nella società. Sono apostoli di un nuovo medioevo costruito sulla società della propaganda e dell’informazione con i muscoli delle tecnologie della profilazione e del controllo.
Ora si illudono che sia indispensabile allevare le proprie Bestie (adesso chiamano così i propri sistemi di profilazione online) per vincere gli avversari, per raggiungere il potere e per comandare. Non fanno che reiterare nuove forme di violenza, totalitarismo e schiavitù, trasportando nella forma digitale le stesse forme della prevaricazione fisica, anche con la bandiera, quantomai pericolosa, del contrasto all’odio online.
La politica sembra essere diventata una grande centrifuga di parole chiave che giorno dopo giorno scandiscono l’umore e l’indignazione del «popolo di Internet». Non esiste più spazio per una riflessione che duri oltre lo spazio di un trending topic. Per conquistare visibilità bisogna azzerare il pensiero, eliminare se possibile anche il nome stesso delle cose. Non esistono più partiti: nascono movimenti. Siamo anche oltre i movimenti: abbiamo semplici numeri e animali. Ma è politica questa o una nuova fattoria? La proposte della politica sono dominate da una comunicazione banale, ridotta a minimi comuni denominatori pur di conquistare masse sempre più indifferenziate, che non si riesce a conquistare «per» qualcosa e che vengono solo scagliate «contro».
Noi abbiamo fatto tanto quest’anno.
Vivere una vera vita democratica online non è facile se si vuole conquistare un minimo di efficacia e capacità di fare. Abbiamo dovuto ampiamente mettere mano alle nostre regole per allinearle ai nostri obiettivi ed evitare di risolverci nel vivere di mozioni vuote o comunicati senza valore.
Abbiamo modificato le regole interne per permettere alla nostra Agorà di raccogliere il consenso invece che diventare, come era stata, uno strumento di divisione e di dissenso. Abbiamo cambiato il regolamento per assumerci politicamente la responsabilità delle nostre determinazioni e non pretendere che fossero le regole ad imporcelo, rendendoci in pratica irresponsabili dei nostri stessi fallimenti. In questo abbiamo imparato dagli errori, i nostri senza dubbio, ma anche dagli errori altrui quando abbiamo visto, con orrore, come questi sistemi di voto online diventavano perfetti sistemi per deresponsabilizzare le classi dirigenti. È l’esatto contrario del nostro spirito.
Oggi quindi siamo senza rete, da soli con la nostra responsabilità di dare corpo alle nostre idee senza poter biasimare altri che noi stessi se non ci arriviamo.
Abbiamo adottato un nuovo manifesto per allinearci al Partito Pirata Europeo che ci ha accolto come mai aveva fatto in precedenza. Abbiamo organizzato un meeting a Milano che ci ha dato molte soddisfazioni, tra cui anche l’elezione di Alessandro Ciofini come Tesoriere dello European Pirate Party. Altri (vecchi e nuovi) Pirati sono stati eletti in Pirate Parties International, dimostrando che il nuovo Partito Pirata non ha solo una spiccata capacità internazionale, ma si avvia ad essere protagonista della politica pirata a livello globale.
Infatti è del lavoro politico che vogliamo parlarvi. Le elezioni europee sono state un momento particolare perché abbiamo avuto la fortuna di confrontarci con personalità di grande qualità umana e professionale che ci hanno regalato una disponibilità impagabile. Non possiamo chiudere quest’anno senza ringraziarli un’ultima volta accoratamente. Molte delle idee che abbiamo raccolto in quella campagna hanno ancora bisogno di trovare qualcuno che se ne faccia promotore attivamente nel partito, e questo qualcuno potresti essere tu.
Nel meeting europeo dei Partiti Pirata abbiamo fatto una proposta, che ora è di tutti i Pirati europei, per rimettere al centro dell’iniziativa politica in Italia e in Europa la battaglia del file-sharing, come al tempo di The Pirate Bay, da cui nacque il Partito Pirata nel 2006.
Sembra una cosa antica, di una Internet quasi ormai sparita ma, per piccoli che possiamo essere oggi con i nostri soli 4 parlamentari europei, noi sfidiamo l’Europa su questo terreno.
L’avevamo fatto con la battaglia per il contrasto alla direttiva (UE) 2019/790 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019 sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale, lo faremo adesso con il file-sharing e una proposta di legge di iniziativa popolare europea.
È la nostra priorità nel 2020. Si è aperto uno spazio di lotta per il rilancio, in chiave moderna, della battaglia sulla legalizzazione del file-sharing delle opere bloccate dal diritto d’autore.
La direttiva ha modificato le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE, e ha reso evidente la scelta del legislatore di prediligere una soluzione assurda: la divulgazione del materiale protetto da copyright tra i cittadini, attraverso reti peer-to-peer, viene categoricamente vietata e perseguita, e invece è permessa solo alle piattaforme private che potranno controllare, profilare, identificare, acquistare e vendere i cittadini in quanto così diventano un prodotto pubblicitario.
Che senso ha impedire la condivisione peer-to-peer a fronte del pagamento di licenza, direttamente ai cittadini, liberandoli dalla necessità di essere controllati e profilati? Che senso ha parteggiare così spudoratamente per le piattaforme di monetizzazione dei profili personali?
Non c’è dubbio. Il “Potere” ha fatto una scelta decisa in favore di una società del tecno-controllo, della sorveglianza e della profilazione, mettendo al centro le piattaforme come intermediari privilegiati dei materiali coperti da diritto d’autore che molto meglio avrebbero potuto essere distribuiti attraverso la condivisione privata.
Una lotta sulla libertà di condivisione è necessaria perché sappiamo che la condivisione della conoscenza, della memoria, della cultura è nei cuori di tanti e tanti altri non vogliono rassegnarsi ad essere un prodotto in un mercato così opaco e incontrollabile.
Oggi si può condividere senza necessariamente intaccare i diritti degli autori o degli editori, è la stessa Commissione Europea a dircelo con uno studio che dopo essere stato commissionato e pagato era stato nascosto (ed è stato pubblicato solo grazie alla nostra ex-parlamentare europea Julia Reda). Si può condividere perché ogni libro, ogni film, ogni album musicale che resta imprigionato nei cataloghi dei produttori e che non si può accedere è un furto alla nostra memoria e al nostro diritto alla conoscenza, nella speranza che venga definito presto all’interno della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo.
Come mai potremo entrare in una nuova Società della Conoscenza se la conoscenza è imprigionata dal copyright per più di una vita umana? Come mai potremo essere liberi di esprimerci se ogni aspetto della nostra vita online sarà intermediata da chi lucra o censura su di noi?
Noi nel 2020 combatteremo su questa frontiera. E tu?